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Antonia, quando la scarpa è un’opera d’arte – alDóméla, Ottobre 2015

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L’articolo è apparso diviso in due parti:

 

alDóméla, Ottobre 2015

 

Antonia, quando la scarpa è un’opera d’arte

Viaggio nel laboratorio di un’artigiana di Reggio conosciuta in tutto il mondo

 

Non si può passare da via della Croce Bianca senza notare la sua bottega. Anche se non si conosce Antonia e non si sa qual è il suo lavoro, si viene inevitabilmente attratti da quel giardino in miniatura che si trova davanti alla porta. Vasi di piante diverse e di varia dimensione si estendono in orizzontale sulla soglia e scendono a grappolo in verticale, appesi al muro qua e là in modo un po’ casuale ma nell’insieme armonioso. Al di là della vetrina troneggia una struttura che ricorda una scala, fatta da un supporto metallico con tante piccole piattaforme su cui sono appoggiate delle scarpe da donna particolari. La porta a vetri mostra il suo logo, due stivaletti a punta e la scritta ANTONIA MICHELETTI calzature su misura. Entri e non sai da che parte guardare: lo spazio è piccolo, anzi piccolissimo, ma riesce a contenere inspiegabilmente una grande quantità di cose. Sulla parete di destra una scaffalatura raccoglie un campionario di tutti i tacchi possibili e immaginabili, scatole e scatoline con l’occorrente per lavorare, grandi cesti in cui s’intravedono boccette e bottiglie e soprattutto il suo prezioso archivio fotografico. Appeso alla scaffalatura, anche il prototipo di un eccentrico stivale pubblicato su VOGUE una quindicina di anni fa, sotto, appoggiate sul pavimento, forme che servono per realizzare le scarpe. Al centro del locale si trovano due deliziose poltroncine da giardino, smaltate di bianco, su cui fa accomodare le signore per le misure e le prove. Alla parete di sinistra sono appese tante fotografie d’autore, bellissime, a colori e in bianco e nero, che ritraggono Antonia mentre lavora, e una cornice antica che riquadra una piccola scultura di sua creazione, la “Donna con cappotto”. Di fronte, entrando, si vede una teca che espone, e nello stesso tempo protegge, una collezione di spilloni di vetro. Antonia esprime il suo talento artistico anche in queste vere e proprie sculture, delicati oggetti trasparenti, che ha creato assemblando piccole forme colorate di vetro di Murano. Ogni spillone rappresenta una figura femminile: c’è la donna in carriera, la ragazza con la sciarpa scompigliata dal vento, la mamma con la sua bambina in braccio, la ballerina e così via. Queste opere fanno parte di un periodo particolare della vita di Antonia, quando aveva sospeso temporaneamente la sua attività di calzolaia per dedicarsi alla sua bambina appena nata. Per questo hanno un grande valore affettivo e, nonostante le numerose richieste, non sono in vendita. Sono state prestate a Romeo Gigli per una sfilata, ma poi sono ritornate a Reggio, alcune a casa, altre in negozio. Dopo la teca, in fondo, appare il piccolo banco dietro il quale Antonia lavora, muovendo le braccia e le mani con una tale eleganza che sembra intenta a qualche passaggio di Tai Chi attorno a una scarpa, come Stanislao Farri ha colto bene in un’immagine tra quelle che si vedono alla parete. Sopra al banco e nel muro vicino, si vede un gran numero di attrezzi di vario tipo e di varie misure che, per il loro aspetto vissuto, si presume la accompagnino da molti anni nel suo mestiere. E’ interessante vedere come costruisce piano piano una scarpa, accarezzando il pellame e adattandolo, per poi fissarlo con tanti chiodini alla suola, mentre guarda e riguarda perché anche un millimetro può fare difetto. È piacevole riconoscere lo stesso scrupolo anche quando ripara una calzatura o quando la modifica per risolvere un problema ad un’affezionata cliente, quasi un’amica, che si mette nelle sue mani. Le signore che si rivolgono a lei, infatti, spesso le diventano amiche, e le raccontano con fiducia la loro vita, un po’ come se parlassero a una psicologa e, del resto, non è così strano: anche lei ti rimette in piedi e ti fa andare per la tua strada!

 

(continua)

 

Mara Zarotti

 

alDóméla, Novembre 2015

Nella bottega di Antonia non c’è posto per la fretta

Un giorno con la calzolaia di Reggio più famosa nel mondo. Da lei si respira la passione per il lavoro senza tempo

 

Quando entri in questo laboratorio, ti accorgi subito che saltano le categorie dello spazio e del tempo. Il locale, come dicevo, è piccolo, anzi piccolissimo, di tre metri per tre, ma a un certo punto sembra che si espanda e si dilati per poter contenere tutto il mondo di Antonia, del presente e del passato. Anche la dimensione del tempo assume una connotazione particolare. Qui non si parla di ore e giorni: l’unità di misura del lavoro è la settimana se si tratta di restauri, adattamenti, riparazioni, o il mese se si parla di realizzare calzature ad personam. Qui non si pensa alla moda del momento ma a un gusto intramontabile che per anni è attuale, senza tempo appunto. Qui non esistono fretta, velocità, consumo: si respirano attenzione, precisione, cura. Un giorno ho sentito una cliente chiedere: “Sono pronte le mie scarpe? Quanto tempo ci vuole?” e Antonia rispondere: “Ma…il tempo che ci vuole!”. L’ho vista restaurare una borsa di pelle di coccodrillo con pazienza e meticolosità che mi hanno colpito. Lei incollava delicatamente ogni squama che si era staccata, poi lucidava e diceva: “Le cose vanno riparate per essere utilizzate nel tempo. La signora ha comprato questa borsa molti anni fa, ma le piace ed è giusto che continui a portarla”. Un’altra volta l’ho vista consegnare una cintura di pelle, anch’essa ripristinata alla condizione originaria, che un nonno aveva passato a un nipote. Stare in questa bottega consente un esercizio continuo di riflessione sul tempo, ma è anche un vero e proprio salto all’indietro nei secoli. Il lavoro infatti è eseguito esclusivamente a mano, usando semplici attrezzi, con metodi e tecniche antichi e soprattutto le ore non vengono quantificate e monetizzate.

E’ bello guardare Antonia lavorare, ma è altrettanto bello sentirla parlare. Una volta mi ha raccontato di un suo singolare periodo di apprendistato a Cremona. Tra i tanti corsi da lei frequentati, se ne era concessa uno da un grande maestro di calzature, che lei pagava solo per essere ammessa a guardare. Lui lavorava in silenzio, lei osservava in silenzio, senza poter fare nemmeno una domanda. Dopo tanti giorni, passati tutti esattamente nello stesso modo, il maestro le disse:” Signorina, adesso può andare! Da domani non torni più, ha già guardato abbastanza”. A me è sembrata una storia zen, ma qui anche le cose più strane risultano normali.

Ad Antonia non piace vantarsi dei suoi successi e della sua fama internazionale. E’ schiva e modesta per quanto riguarda la sua persona ma altrettanto fiera ed orgogliosa per quello che fa. Lei infatti non ama parlare di sé, ma del suo lavoro di artigiana cui si dedica totalmente con grande passione, contagiando anche la sua famiglia, tanto che il marito e la figlia sono suoi convinti sostenitori e anche un po’ collaboratori. Una volta le ho detto di aver trovato, navigando in internet, una sua vecchia intervista che parlava della collaborazione con Valentino, ma ho visto che non si è scomposta più di tanto. Un’altra volta le ho chiesto di mostrarmi le foto dei suoi lavori e così sono saltati fuori, quasi per caso, il nome di Etro e persino quello di Manolo Blahnik, legato al ricordo di un catalogo portato a Londra. Quello che mi ha impressionato più di tutto però è stato l’invito a recarsi in Cina, come unica rappresentante per l’Italia, in occasione di un’esposizione internazionale dell’artigianato. L’avevano chiamata “loro, da Roma, dal Ministero” e alla fine, anche se lei non era andata, aveva comunque mandato le sue scarpe. Allora mi chiedo: “Ma se fin nei meandri di un Ministero romano è arrivata la fama di Antonia, com’è possibile che a Reggio non la conoscano tutti?”. L’episodio più curioso però, legato a questo, è capitato quando una giornalista del quotidiano “La Repubblica”, a Firenze per un servizio su una fiera dell’artigianato, avvicinandosi ad Antonia, le disse: “Finalmente la conosco! Ho visto le sue scarpe in Cina, all’esposizione mondiale!”.

E’ davvero strano! Poi penso che Antonia abbia qualcosa di magico e che riesca davvero a confondere lo spazio ed il tempo, e allora… tutto è possibile!

 

Mara Zarotti